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L’origine dell’urbanistica della cittadina di Zagarolo, ducato della dinastia dei Colonna. Nel 1569 nasce uno dei borghi più belli del Lazio ad un passo dalle porte di Roma.

Articolo redatto da Gabriele Quaranta

Nel 1569 papa Pio V eresse il feudo di Zagarolo in ducato a favore di Pompeo Colonna (†1583), uomo d’armi che si sarebbe poi distinto a Lepanto nel 1571 come luogotenente della flotta pontificia. Assieme al fratello, il cardinale Marcantonio I (1523-1597), il nuovo duca promosse diversi lavori di rinnovamento dei principali edifici del borgo.

Foto per gentile concessione di Sandro Vallerotonda.

Entro il 1573 il palazzo baronale, ora chiamato Palazzo Rospigliosi, assunse la sua caratteristica conformazione ad ali attorno alla profonda corte d’ingresso; nel 1570 si ricostruiva la chiesa patronale di San Lorenzo, e un restauro venne effettuato anche sulla parrocchiale di San Pietro, poi interamente ricostruita dai Rospigliosi nel Settecento. Nel 1587 venne rinnovata la chiesa francescana di Santa Maria delle Grazie, scelta come pantheon familiare, ma nel 1582 era stata fondata anche una nuova chiesa, la SS. Annunziata, con l’annesso collegio dei padri Barnabiti.

Il figlio di Pompeo, Marzio (†1614), succeduto al padre nel 1583, si spinse però ben oltre, promuovendo una radicale trasformazione urbanistica del modesto centro abitato: mecenate e avido collezionista di antichità, egli si sarebbe impegnato a trasformare il capoluogo del feudo in una sorta di ‘città ideale’ fondata su una sequenza di piazze e strade diritte, sulla ripetizione di un preciso modulo geometrico e su un esplicito progetto di ‘rinascita’ dell’Antichità classica.

La Strada Maestra (oggi via Antonio Fabrini), arteria centrale dell’abitato, venne ampliata e regolarizzata così da mettere in perfetta comunicazione visiva il Palazzo Ducale e la chiesa patronale di San Lorenzo; alle due estremità vennero aperte altrettante piazze: mentre sulla prima prospettava la residenza del duca, sulla seconda oltre alla chiesa si affacciavano le nuove sedi delle magistrature cittadine, cioè il Palazzo Comunale e il Palazzo di Giustizia, e i portici per il mercato. Ne derivava un impianto cruciforme su cui si disponevano le sedi delle differenti autorità civili e religiose, garanti dell’ordine politico e spirituale della comunità.

Tale disegno si inseriva però in un progetto di più ampio respiro che prevedeva l’allargamento del centro urbano a Nord e a Sud tramite l’addizione di due nuovi quartieri. Verso Meridione andava infatti sorgendo il Borgo Santa Maria che, come un lungo ponte artificiale, collegava il Palazzo Ducale alla chiesa di Santa Maria delle Grazie, fino a quel momento situata al di fuori delle mura. Verso Settentrione si sviluppava invece il Borgo San Martino che, teso tra la piazza di San Lorenzo e la Porta San Martino includeva anche la nuova chiesa dell’Annunziata. 

Il piano promosso da Marzio era stato attentamente meditato. I nuovi spazi urbani e gli edifici che li definivano richiamavano gli elementi fondanti delle città antiche: dal palazzo del princeps al foro cittadino, su cui si affacciavano i portici, i palazzi pubblici e il tempio principale della città, mentre la piazza di Santa Maria con la sua pianta allungata e curvilinea ricreava il disegno tipico del circo romano.

Tale volontà di renovatio dell’Antico, era esplicitamente dichiarata da un’iscrizione in lode di Marzio un tempo presente nel Palazzo Ducale e dall’identificazione programmatica di Zagarolo con l’antica città di Gabii, le cui rovine giacevano entro i confini del ducato, ma risulta evidente anche dal massiccio reimpiego di frammenti antichi all’interno delle nuove architetture: una prassi non insolita nella Roma del Cinquecento, ma che a Zagarolo assurge a vero e proprio leitmotiv che riecheggia da un angolo all’altro della città e raggiunge la massima espressione nelle porte urbiche (una purtroppo andata perduta) e nel solenne portale con cui il Palazzo Ducale si affaccia verso il Borgo Santa Mariavero e proprio arco di trionfo all’antica.

Arco di Trionfo che dal Palazzo Ducale si affaccia al Borgo Santa Maria.

L’estensione delle nuove strade e piazze venne stabilita moltiplicando un modulo ricavato dalle misure della facciata del Palazzo Ducale: ne derivava uno spazio urbano non solo perfettamente ‘misurato’ ma anche letteralmente ‘generato’ dalla residenza del ‘principe’ e dunque da Marzio stesso.

Anche se l’impresa di Marzio aveva una natura intrinsecamente ‘scenografica’ più che realmente ‘urbanistica’, essa comportò ingenti lavori e non trova eguali nel contesto romano di quegli anni: rimasta incompiuta alla sua morte, mise a durissima prova le casse familiari, tanto da costringere il figlio Pierfrancesco a disfarsi del ducato vendendolo nel 1622 al cardinale Ludovico Ludovisi.

Il giovane e raffinato nipote di papa Gregorio XV ebbe cura di portare a compimento alcuni dei cantieri lasciati aperti dal Colonna ma, pur condividendo con Marzio una profonda passione antiquaria, era del tutto estraneo alle velleità urbanistiche del suo predecessore. Il sogno incompiuto di Marzio Colonna aveva però ormai trasformato il piccolo borgo in una vera e propria piccola città, il cui impianto è stato solo in parte scalfito dal trascorrere dei secoli.


Bibliografia:

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