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Paesaggi idilliaci, figure di eterea bellezza, creature mitologiche ed eventi storici sono i protagonisti degli affreschi che contraddistinguono le stanze del Palazzo Rospigliosi di Zagarolo. Una serie di opere volute per celebrare la gloria della potente famiglia Colonna.

Articolo redatto da Serena Borghesani

Fra antichi mattoni e strade moderne, su un grande costone di tufo, tante piccole case si stringono fra vicoli e scorci in mezzo al verde. Nel cuore di questo borgo laziale svetta una imponente struttura alta e massiccia che troneggia sull’antico letto di un fiume, oggi strada vitale per il paese. Ci troviamo a Zagarolo, alle porte di Roma.

Quello che oggi è conosciuto come il Palazzo Rospigliosi di Zagarolo, nato come fortezza difensiva nei secoli bui del Medioevo, con i suoi torrioni, il suo ponte levatoio, i suoi sotterranei e il suo fossato, si ingentilì dopo la celebre Battaglia di Lepanto (1571) per iniziativa della famiglia Colonna che fece allargare le feritoie e moltiplicare il numero delle stanze (una tradizione ne vuole addirittura trecentosessantacinque), allungando l’edificio verso la cittadina con le due grandi ali che ne denotano ancora oggi la pianta a “U”.

Nel 1295 il cardinale Giacomo Colonna ospitò nel castello papa Bonifacio VIII (1294-1303) che, dopo essersi recato ad Anagni, trovandosi in contrasto con i feudatari di Zagarolodistrusse l’intero maniero. Analogamente nel 1439 le truppe di papa Eugenio IV (1431-1437), guidate dal cardinal Vitelleschi assediarono la cittadina per poi raderla al suolo.

Nel Cinquecento il duca Pompeo (figlio del Principe Camillo), e ancora più di lui suo figlio Marziosi interessarono alla ricca decorazione pittorica della loro residenza. Pochi, pochissimi però sono i documenti scritti del periodo Colonna. Tra gli ambienti più notevoli, al pianterreno, si trovano i due Camerini (fig. 1) collegati dall’Atrio della Bibbia Sistina.

Nei Camerini, Accanto a paesaggi, scene di caccia, personificazioni allegoriche delle virtù (fig. 2), stucchi, imprese e battaglie, fanno bella mostra di sé innumerevoli esempi di grottesche, dove la sigla «HZF» ha indotto in passato a ipotizzare un intervento della bottega degli Zuccari («Hoc fecernut Zuccari» o «Heresed Zuccari fecerunt» -, ma non è mancato chi, ispirato da orgoglio campanilistico, ritenesse di sciogliere la sigla HZF come «Hyeronimus Zagarolensit Fecit», in riferimento a un intervento locale di restauro).

Personificazione allegorica della Magnanimità, stanzino delle allegorie, piano terra del mastio centrale, Palazzo Rospigliosi, Zagarolo

Recenti studi hanno invece portato alla luce il nome di Orazio Zecca da Montefortino, artista di Artena alla cui bottega si riferiscono due ambienti del piano terra del mastio centrale.

La diversità stilistica tra gli ambienti fa presupporre un intervento a più mani, di una bottega o di un gruppo di frescanti come quelli che operarono nei cantieri sistini. Del resto papa Sisto V (1585-1590) si trovò a Zagarolo nella primavera del 1586, al tempo in cui veniva progettato l’acquedotto Felice.

Gli ornamenti a fresco di Palazzo Rospigliosi presentano non poche assonanze con gli affreschi della Scala Santa, della Cappella del Presepe a Santa Maria Maggiore, del transetto di San Giovanni in Laterano oppure della Biblioteca Sistina al Vaticano, dove lavorarono Giovanni Baglione, Cesare Nebbia, Prospero Orsi (non a caso denominato «Prosperino delle grottesche»), il fiammingo Paul Brill, insieme ad una schiera di artisti minori, quali Giovan Battista Ricci, Vincenzo Conti, Ercolino Bolognese, Paris Nogari e altri ancora. È dunque possibile immaginare che gli autori delle decorazioni di Palazzo Rospigliosi si fossero formati all’interno dei cantieri sistini, ai cui modelli essi si ispiravano.

Volta a botte del corridoio che collega il giardino pensile all’atrio della Bibbia Sistina, piano terra del mastio centrale, Palazzo Rospigliosi, Zagarolo

Decisamente meno felici sono le grottesche dell’Atrio della Bibbia Sistina, pesantemente ridipinte, che incorniciano la rappresentazione storica della riunione di teologi avvenuta in questo Palazzo nel 1591 per revisionare la Vulgata sistina.

Non ci resta che ammirare tali affreschi, ben conservati, in particolare quelli della volta a botte che ricopre il corridoio che collegava il giardino pensile al chiostro interno. Al centro un trompe l’oeil con un angelo musicante ci riconduce a echi mantegneschi, in ragione del l’arditezza dello scorcio; qui paesaggi e sirene bifide danzano al ritmo incalzante del colore e dello stucco, al di sotto dell’emblema Colonna e delle imprese di famiglia. Al piano superiore, la Galleria e la Sala della Battaglia di Lepanto. Qui si trova illustrata la vittoria contro i Turchi conseguita dalla flotta cristiana guidata da Marcantonio Colonna.

Battaglia di Lepanto, ala est, piano nobile, sala detta della battaglia di Lepanto, Palazzo Rospigliosi, Zagarolo

L’ala ovest del Palazzo, recentemente restaurata, a cui si ha accesso da uno scalone monumentale realizzato dalla famiglia Ludovisi, nelle stanze del piano nobile mostra decorazioni pittoriche risalenti a diverse epoche. Il primo strato è probabilmente risalente al periodo Colonna e due strati sovrastanti, dipinti a tempera, risalgono al periodo compreso tra il XVII e il XVIII secolo. Nella stanza d’angolo, la volta è decorata da un dipinto attribuibile alla scuola del Domenichino con cornice in pietra bigia recante lo stemma del cardinale Ludovisi con la rappresentazione di Bacco e Cerere.

Veduta, ala est, piano nobile, sala detta della Pace Romana, Palazzo Rospigliosi, Zagarolo

Il Salone delle feste, lungo più di 33 metri, chiude l’ala verso il mastio centrale, decorato a guazzo nella prima metà del Settecento per volere della famiglia Rospigliosi.


Bibliografia

  • Calenne 2010 = Luca Calenne, Prime ricerche su Orazio Zecca da Montefortino (oggi Artena): dalla bottega del Cavalier d’Arpino a quella di Francesco Nappi, Gangemi, Roma, 2010
  • Loreti 2009 = Eugenio Loreti, Il Palazzo Rospigliosi di Zagarolo – Mille anni di storia, Zagarolo 2009
  • Tomassetti 1913 = Giuseppe Tomassetti, La campagna romana antica medievale e moderna, vol.III, Roma 1913

Crediti fotografici

Foto di Sandro Vallerotonda